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Black List: cambia di nuovo la deducibilità dei costi

Nemmeno il tempo di imparare le nuove disposizioni in materia di deducibilità dei costi da Black List recentemente modificate dal “Decreto Internazionalizzazione” che già cambiano le carte in tavola. Di nuovo.

Partiamo dal principio e spieghiamo cos’è la Black List. I paesi Black List sono una lista nera di paradisi fiscali e costituiscono il peggior nemico di ogni Amministrazione Finanziaria.
Le Società che eseguono transazioni con tali Paesi sono non solo sorvegliate speciali, ma in castigo preventivo. Infatti, con la Circolare dell’Agenzia delle Entrate 51/E del 6 ottobre 2010 par. 9, si giustifica l’indeducibilità dei “costi Black List” con lo scopo di “contrastare la distrazione di utile dall’italia verso Paesi o Territori a fiscalità privilegiata, ponendo in essere operazioni considerate a priori come irrilevanti a fini fiscali”.

La displina originaria in tema di costi provenienti da Paesi Black List era contenuta nell’art. 110 comma 10 del TUIR e prevedeva un criterio base di indeducibilità di detti costi, a meno che non si riuscisse a dimostrare, oltre all’effettiva esecuzione dell’operazione, una delle seguenti esimenti previste dal successivo comma 11 ovvero lo svolgimento da parte dell’impresa estera di una effettiva attività economica ovvero l’esecuzione dell’operazione in ragione un effettivo interesse economico.
L’aprioristica indeducibilità di costi Black List si traduce in una disciplina basata, eventualmente, sulla prova a carico del contribuente.

Il D.Lgs n.147/2015, aveva riscritto questa disciplina. L’art 5 del citato decreto meglio noto come “Decreto Internazionalizzazione” è intervenuto a modificare l’art. 110 commi 10 ed 11 del TUIR.
Si passa da una punizione preventiva ad una timida libertà vigilata.

La modifica apportata è stata sorprendentemente innovativa. I costi provenienti da transazioni con Paesi Black List potevano essere dedotti liberamente, entro il limite del valore normale. L’eccedenza poteva poi essere portata in deduzione dimostrando, oltre all’effettiva esecuzione dell’operazione, l’effettivo interesse economico.
Ora, l’innovazione della norma è stata evidente fin da subito, tuttavia ha lasciato non poche perplessità e preoccupazioni sulla questione del valore normale anzi, per essere più precisi, sulla dimostrazione del valore normale, tema sul quale l’Amministrazione Finanziaria non ha potuto fornire spiegazioni non per pigrizia, ma per mancanza di tempo.

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Mentre studiosi e solerti funzionari si domandavano se sarebbe stato opportuno chiedere al contribuente di documentare il valore normale attraverso una documentazione simile a quella necessaria per la disciplina di transfer pricing oppure permettere di dedurre i costi Black List basandosi sulla buona fede nella valutazione da parte del contribuente, ecco che il Legislatore li batte sul tempo e cambia tutto un’altra volta.

La Legge di Stabilità 2016 (Legge 208/2015 art.1 comma 142) ha abrogato i commi 10, 11, 12 e 12-bis dell’art. 110 del TUIR.
A decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso nel 2015 e quindi, per i soggetti coincidenti con l’anno solare, a partire dal 1 gennaio 2016, il regime speciale di deducibilità dei costi Black List viene abolito.

Pertanto, per i periodi d’imposta 2016 e successivi, i costi provenienti da Paesi Black List diventano deducibili secondo le regole ordinarie dei componenti negativi previste dall’art. 109 del TUIR.
Nessuna esimente, nessun valore normale. Le condizioni previste per la piena deducibilità sono quelle generali di effettività, inerenza, certezza, determinabilità e competenza.

Un breve commento merita infine la deducibilità dei costi Black List ai fini IRAP.
Nessun dubbio sulla deducibilità di tali costi a cosndizione che si tratti di componenti negativi registrati nelle scritture contabili ed evidenziati in bilancio.

Ma le novità non sono finite qui. Infatti, oltre alla piena deducibilità dei costi Black List, è stato eliminato l’obbligo di separata indicazione in dichiarazione. Il mancato rispetto di tale previsione comportava una sanzione amministrativa prevista dall’art. 8 comma 3-bis del D.Lgs 471/1997, pari al 10% dell’imposto complessivo delle spese e componenti negativi non indicati in dichiarazione, con un minimo di Euro 500 ed un massimo di Euro 50.000.

Vedi anche  Regime forfettario: ecco cosa cambia con la Legge di Stabilità

L’obbligo di separata indicazione dei costi Black List in dichiarazione è abolito a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 2015 (i.e. Unico 2017), ma la sanzione collegata rimane; non è (ancora?) stata abrogata forse in virtù del fatto che l’obbligo di separata indicazione permane fino alla dichiarazione Unico 2016.

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