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Il colloquio va male? Colpa della digital reputation

Dopo aver letto i risultati di questa indagine siamo certi che ci penserete molto bene, la prossima volta, prima di pubblicare qualsiasi contenuto su Facebook o Twitter. Perchè la digital reputation, cioè la reputazione che ci creiamo online in base alle nostre azioni sul web, sta assumendo un’importanza esponenziale nelle scelte compiute da chi seleziona il personale da assumere.

Adecco, leader mondiale nei servizi per la gestione delle risorse umane, ha pubblicato la nuova ricerca Work Trends Study che indaga su social recruiting, digital reputation e, per la prima volta, smart working. Condotta a livello internazionale su 26 Paesi nel mondo, in Italia ha raccolto le risposte di 2.742 candidati e 143 recruiter. Le attività di ricerca di lavoro e di profili professionali, d’altronde, si stanno spostando sempre più online con percentuali di 80% per i candidati e 64% per i recruiter. Il canale più sfruttato, sia dai professionisti delle risorse umane che dai candidati, resta LinkedIn anche se Facebook viene adoperato sempre più da chi cerca un impiego per raccogliere informazioni su potenziali datori di lavoro.

La digital reputation ricopre un ruolo sempre più centrale quando si tratta di entrare e orientarsi nel mercato del lavoro. Rispetto al 2014, quasi la metà dei selezionatori dichiara di utilizzare strumenti di social recruiting a pagamento e cresce notevolmente la percentuale di recruiter (dal 25% al 35%) che ha dichiarato di avere escluso candidati dal processo di selezione dopo aver visto profili social. Le motivazioni principali? Foto sconvenienti (20%), informazioni non coerenti con il CV (18,2%), tratti emergenti della personalità (16%), commenti negativi su datori di lavoro attuali o precedenti (11%), contenuti discriminatori (8,4%). Insomma, non pensate che il vostro comportamento online sia una questione privata e al riparo da occhi indiscreti perchè, un giorno, potrebbe risultare una discriminante molto negativa in un colloquio di lavoro.

Vedi anche  Crisi bancarie e bail-in. Direttiva 2014/59/UE

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