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Crollo del prezzo del petrolio

Le notizie che apprendiamo in questi giorni circa il crollo del prezzo del petrolio, a primo acchito sembrerebbero essere confortanti, soprattutto per un paese, come il nostro, che importa ed è dipendente dall’oro nero.

Ma a ben guardare, il valore molto basso del petrolio è un rischio per l’economia globale, per una serie di circostanze che andiamo ad esaminare. Innanzitutto, è fatto noto che i paesi produttori ed esportatori di petrolio, ovvero i paesi del Golfo, siano estimatori dei beni di lusso, della tecnologia nonché interessati alle opere infrastrutturali esportate dall’Europa. I minori introiti che derivano dal ribasso del prezzo del petrolio, dunque, determinano un calo della richiesta dei menzionati beni, con gravi perdite per chi conta sui petroldollari per i propri fatturati.

Nell’ambito dell’economia mondiale, inoltre, sono anche altri paesi ad aver puntato tutto sull’export del petrolio come la Nigeria o il Brasile. Il gigante sudamericano, in particolare, è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni e la sua frenata, insieme a quella delle vicine economie emergenti, può provocare crisi politiche ed instabilità, deleteria per l’intero pianeta.

Stesso discorso vale per il paese africano. Da tempo la Nigeria vive una fase economica positiva. E’ la prima economia del continente ed è basata quasi esclusivamente sull’esportazione di materie prime. Il crollo dei prezzi di queste ultime sta mettendo in crisi il sistema economico, non solo nigeriano ma dell’intera regione. Il tutto in un paese molto instabile, che vive in un costante stato di guerra conto i terroristi di Boko Haram. Tanto basta per terrorizzare i governi occidentali, che hanno nella Nigeria un alleato contro il terrore. Inoltre molti colossi energetici europei, anche italiani, operano nel paese e un crollo economico-politica potrebbe vanificare gli investimenti fatti e contribuire ad acuire la crisi del settore.

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Senza pretesa di completezza, analizziamo brevemente le conseguenze dell’abbassamento del prezzo del petrolio anche per i giganti mondiali. In Russia, l’abbassamento del prezzo delle materie prime influisce pesantemente sull’economia in quanto oltre l’80% dell’export russo è fatto di petrolio, gas e metalli e la crisi Russa sicuramente ha effetti su quella globale. Per gli Stati Uniti, invece, il discorso è un po’ diverso, tenuto conto che, seppure essi siano i secondi produttori mondiali di petrolio, quest’ultimo viene “prosciugato” quasi interamente dal fabbisogno interno; tuttavia, l’abbassamento del prezzo influisce sugli investimenti fatti dalle società petrolifere statunitensi e può dunque provocare una crisi di settore.

Per quanto ovvio i primi a fare le spese della crisi delle compagnie petrolifere sono i lavoratori. La British Petroleum, infatti, ha già annunciato il licenziamento di 4mila lavoratori nel settore esplorazione e produzione. I licenziamenti saranno su scala internazionale, e colpiranno soprattutto le divisioni in Angola, Azerbaijan e Stati Uniti, ma non sarà risparmiato nemmeno il Mare del Nord. Altre compagnie con numeri inferiori hanno già tagliato i posti di lavoro, e molte altre sono pronte ad emulare il colosso del petrolio britannico.

Le cause di questo repentino ribasso sono certamente riconducibili a una serie di fattori geopolitici, rimandiamo, tuttavia, l’analisi di tali fattori alle disamine di esimi commentatori per un maggiore approfondimento nel merito (qui e qui).

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