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Debito pubblico: è l’Italia il paese più in salute

Gli ultimi saranno i primi, se non li ammazzano prima. A quanto pare le parabole bibliche, seppur con qualche eresia, funzionano anche in economia. Secondo il rapporto del 2015 sui debiti pubblici europei pubblicato dalla Stiftung Marktwirtschaft (SM), il paese europeo con il debito più “onorabile” sul lungo periodo è, colpo di scena, quello con il debito corrente più alto (o quasi): l’Italia.

La SM è una fondazione di studi economici, nata in Germania 35 anni fa, allo scopo di condizionare le politiche economiche tedesche in direzione di un contenimento della spesa pubblica. E’ un centro studi ultraliberista che vede nell’intervento dello stato in economia un male da estirpare. Nell’attuale dibattito europeo la SM si colloca dalla parte dei cosiddetti “falchi”, cioè di tutti coloro che si oppongono alle politiche di investimento pubblico chieste dai paesi del Sud Europa per far ripartire l’economia. Insomma non proprio quello che si direbbe “un arbitro a favore”.

Nel suo rapporto teso a delineare scenari catastrofici per quegli stati come la Germania che perseverano nella sciagurata abitudine di erogare dignitose prestazioni pensionistiche e sanitarie, la SM, con grande raccapriccio, si è vista balzare in testa alle sue classifiche di merito la studentessa più indisciplinata: l’Italia. Ironia degli algoritmi, nei calcoli del comitato scientifico della fondazione, di cui è portavoce Lars Feld, uno dei più stretti consiglieri della Merkel, il debito pubblico del nostro paese, sul lungo periodo, risulta essere tre volte più sostenibile di quello tedesco.

La particolarità di questi studi è data dal calcolo combinato di debito pubblico esplicito, quello ereditato dal passato, e di debito pubblico implicito, quello calcolato sugli oneri (pensioni, istruzione, sanità) che graveranno in futuro sugli stati. Pare che il nostro paese, grazie alle riforme degli ultimi anni e al buon rapporto deficit/PIL, sia messo piuttosto bene per i decenni a venire.

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Fonte: www.stiftung-marktwirtschaft.de
Fonte: www.stiftung-marktwirtschaft.de

“Queste cifre dovrebbero far seriamente riflettere sulla irrazionalità del Fiscal Compact. Il quale obbliga i Paesi europei, in primis l’Italia, a ridurre a tappe forzate il loro debito pubblico “esplicito” verso l’obiettivo del 60% del Pil (che è l’ossessione fissa dei “falchi” tedeschi), senza tenere conto del fatto che, in assenza di radicali riforme, nel frattempo il debito “implicito” potrebbe progressivamente palesarsi in tutta la sua pericolosità e far saltare il banco dell’Europa attraverso una esplosione del “debito totale”. Con un’unica paradossale eccezione di non poco conto: proprio quella dell’Italia…” ci spiega Mario Fortis dalle colonne del Sole 24 Ore.

La Commissione Europea conosce talmente bene questo sistema di calcolo da usarne uno molto simile (anche nei risultati) nel monitoraggio del debito degli stati membri, salvo poi dimenticarlo nel cassetto ogni qualvolta si affronta il “tema” Italia. Nelle trattative che il governo italiano sta conducendo in Europa per ottenere maggiore capacità di spesa il rapporto della SM dovrebbe darci maggior fiducia nei nostri mezzi e obiettivi. Se da un lato è vero, come spiega Bernd Raffelhüschen , presidente della SM, che i mercati «ragionano in orizzonti molto più brevi e non hanno la pazienza di guardare alle prospettive nell’arco di decenni», dall’altro, il nostro paese si candida ad essere l’economia più stabile d’Europa «sempre che – commenta cinico l’economista – qualcosa non ammazzi prima l’Italia».

Il punto è che quando si parla di spesa sanitaria e pensionistica in gioco non ci sono i numeri ma persone in carne ed ossa. Se non teniamo la schiena dritta e continuiamo ad accettare tagli sulla vita delle attuali e delle future generazioni non ci sarà bisogno di “qualcosa” che ci venga ad ammazzare, lo faremo da soli.

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