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Evasione, la Corte dei Conti lancia l’allarme sui controlli

Non è del tutto positivo il giudizio della Corte dei Conti sull’attività di contrasto all’evasione fiscale posta in essere dall’Agenzia delle Entrate nel 2015.
Nonostante la dinamica delle entrate abbia manifestato segnali positivi in quanto l’accertato finale è pari a 570 miliardi per il 2015, in crescita del 3,5% rispetto all’anno precedente, e la riscossione totale ammonta ad euro 549 miliardi, con un aumento del 4,5% rispetto al precedente anno, i giudici contabili lanciano l’allarme sulla frenata dell’attività di controllo e dei risultati ottenuti in termini di recupero.
Sicuramente alcuni elementi hanno inciso in modo sensibile sull’attività di riscossione del fisco in questi ultimi mesi:
– la riduzione delle risorse umane destinate all’attività di accertamento e controllo che, secondo quanto riportato dai giudici contabili, ha conosciuto una caduta del 6,5% negli ultimi 5 anni;
– il contraccolpo successivo alla sentenza 37/2015 della Corte costituzionale , che ha dichiarato illegittimi gli incarichi dirigenziali affidati a funzionari senza concorso.

Per i 3,5 milioni di contribuenti soggetti a studi di settore le probabilità di essere sottoposti a controlli sono alquanto limitate. Secondo i dati del 2015 i controlli eseguiti costituiscono il 2,4% del totale dei soggetti considerati; il numero complessivo degli interventi eseguiti (poco più di 621 mila) segnala una flessione superiore di quasi il 4% rispetto al 2014 e di oltre il 16 per cento rispetto al 2012 (quando il numero di controlli risultò superiore di 120 mila unità).
Anche la maggiore imposta accertata segna un calo sensibile del 17,7% così come i risultati finanziari conseguiti (-3,9% sul 2014).
Un messaggio molto chiaro dei giudici che ritengono del tutto insufficiente un risultato che dovrebbe costituire un vero e proprio deterrente per chi intenda evadere, tenuto poi conto della sostanziale tenuità delle sanzioni concretamente applicabili in caso di violazioni.

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L’attività di controllo del 2015 si è concentrata soprattutto sui professionisti e sulle imprese di piccole dimensioni ed ha prodotto il 47,5% degli importi contestati. Il 45% delle verifiche ha dato luogo a un recupero potenziale di poco superiore a 1.500 euro. Una tendenza riscontrabile anche nei primi accertamenti effettuati nel 2015 in relazione alle adesioni alla voluntary disclosure in cui quasi tre su quattro riguardano, infatti, cifre fino a 5.164 euro.

Le indagini finanziarie sono in flessione, considerando anche la mole delle informazioni bancarie ormai a disposizione dell’Agenzia delle Entrate. I contribuenti per cui è arrivata l’autorizzazione a verifiche bancarie nel 2015 sono stati poco meno di 4.500, un dato che segna una flessione del 61% rispetto ai dodici mesi precedenti e che si ripercuote sulla maggiore imposta accertata in questo specifico segmento con appena 409 milioni di euro.
«Un fenomeno che – scrive la Corte dei conti – conferma ulteriormente il progressivo indebolimento dell’attività di controllo fiscale, considerato che l’enorme potenziale informativo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari, nella quale confluiscono tutte le informazioni sulle movimentazioni finanziarie realizzate, risulta solo marginalmente utilizzato».

Sembra definitivamente accantonato il redditometro. Infatti nel 2015 gli accertamenti sono stati meno di 6 mila, ossia il 47,5% in meno rispetto al 2014 e addirittura il 72,9% in meno rispetto al 2013, risultati che portano ad affermare «il carattere del tutto marginale» assunto dallo strumento nella lotta all’evasione.

Per quanto riguarda gli studi di settore, i giudici contabili sottolineano come il numero dei contribuenti congrui sia passato dal 71,4% del 2013 al 65,7% del 2014, anche per effetto della congiuntura negativa. Mentre gli accertamenti con l’ausilio di Gerico nel 2015 sono stati appena 8.149: con una flessione del 33,6% rispetto ai 12.277 effettuati nell’anno precedente.

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