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Lavoro accessorio, è boom tra gli under 35

Il lavoro accessorio è una particolare tipologia di contratto di lavoro subordinato per prestazioni occasionali (accessorie), introdotta in Italia dalla legge Biagi. Nell’idea iniziale si intendeva regolamentare quelle attività lavorative che si collocano al di fuori della legalità, nell’ottica di una maggiore tutela del lavoratore. Si tratta, infatti, di prestazioni non riconducibili alle tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o del lavoro autonomo, ma aventi la finalità di assicurare le tutele minime previdenziali e assicurative. Con il tempo si è modificata la natura del contratto di lavoro accessorio, ed è venuto meno il riferimento all’occasionalità delle prestazioni.

Il pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio avviene attraverso il meccanismo dei “buoni lavoro (voucher)“, il cui valore nominale è pari a 10 euro.
Il valore nominale è comprensivo della contribuzione (pari al 13%) a favore della gestione separata INPS, che viene accreditata sulla posizione individuale contributiva del prestatore; di quella in favore dell’Inail per l’assicurazione anti-infortuni (7%) e di un compenso al concessionario, per la gestione del servizio, pari al 5%.
Il valore netto del voucher da 10 euro nominali, cioè il corrispettivo netto della prestazione in favore del prestatore, è quindi pari a 7,50 euro e corrisponde al compenso minimo di un’ora di prestazione, salvo che per il settore agricolo dove si considera il contratto di riferimento.

Una delle tante novità introdotte dal Jobs Act riguarda proprio questa tipologia contrattuale, per cui è stato sensibilmente allargato il raggio di azione portando a 7.000 euro annui il tetto massimo dei compensi pagabili con i voucher. Per i buoni lavoro, inoltre, è diventata obbligatoria la tracciabilità. Secondo i dati pubblicati dal Sole 24 Ore, nel 2014 le persone che hanno prestato attività di lavoro accessorio hanno superato quota un milione e di queste oltre la metà ha un’età inferiore ai 35 anni. Citazione speciale per la Puglia, che registra addirittura un incremento del 124% rispetto al 2013.

Vedi anche  Agricoltura e sociale uniti in un’impresa

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