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Migration Compact: le linee guida italiane alla politica migratoria dell’UE

Un documento di 4 pagine ribattezzato “Migration Compact” è stato presentato dall’Italia all’UE con l’obiettivo di dotare l’Europa di un piano strategico sulla gestione dei flussi migratori. La filosofia, sul solco dell’accordo siglato con la Turchia, è quella di esternalizzare il problema appaltando ai paesi terzi, quindi fuori dai confini europei, l’accoglienza e il filtraggio dei migranti in marcia verso il vecchio continente.

Da qualche settimana va in scena una delle più significative crisi identitarie di un continente in preda ad una sindrome multipolare. Mentre la massima autorità spirituale del continente, Jorge Mario Bergoglio, va in visita a Lesbo a testimoniare vicinanza ai profughi e ad invitare l’Europa a concentrarsi sulla dimensione umana del problema, l’Austria, uno dei Paesi più intraprendenti nella violazione delle regole europee, costruisce sul Brennero gabbie e recinzioni buone più per contenere animali che esseri umani. Nel frattempo a Bruxelles le massime Istituzioni Europee, in linea con la loro natura contabile, riducono il problema ad una questione numerica convinti che calcolatrice alla mano e mano al portafoglio la questione possa essere felicemente liquidata.

Intanto, mentre la schizofrenia politica impazza, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ci fa sapere che negli ultimi tre giorni gli arrivi sono stati 6.000. Oltre 4.100 i migranti salvati nel canale di Sicilia solo nelle ultime 48 ore. E i dati del Viminale parlano di 24.100 persone sbarcate in Italia dal 1° Gennaio a oggi con un incremento del 25% rispetto all’anno precedente. Numeri che confermano i timori europei di una più forte e massiccia ripresa delle traversate sul canale di Sicilia anche alla luce del restringimento del “corridoio turco” e dell’avanzare della bella stagione.

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Senza questi dati non si spiegherebbe la positiva accoglienza, anche dai paesi meno “accoglienti”, riservata al “Migration Compact” presentato venerdì dall’Italia ai partner europei. La filosofia di fondo del documento che dovrebbe dettare le linee guida della politica migratoria europea è molto simile a quella che, qualche settimana fa, ha orientato l’accordo con la Turchia: pagare per spostare il problema un po’ più in là, lì dove l’occhio non duole.

Il documento prevede uno schema di accordo con i paesi di origine o di transito dei migranti e un forte impegno finanziario da parte dell’UE. L’idea centrale, scrive Matteo Renzi nella lettera che accompagna il “Migration Compact”, è lo sviluppo “di un modello di offerta ai paesi partner all’interno del quale alle misure proposte dalla UE (sostegno finanziario e operativo)corrispondano impegni precisi in termini di efficace controllo delle frontiere, riduzione dei flussi di migranti e cooperazione in materia di rimpatri”. L’operazione dovrebbe essere finanziata da un Fondo europeo per gli investimenti nei paesi terzi nel quale stornare tutti i soldi che oggi l’Europa usa per l’Africa. Ulteriori risorse dovranno venire da una rivisitazione degli impegni di budget dei Paesi europei verso l’UE e dalla creazione degli UE-Africa bond, obbligazioni europee destinate ai progetti di crescita e innovazione nei paesi africani che collaboreranno. A questi inoltre verrà offerta cooperazione sul controllo comune dei confini e sulla lotta al crimine. Mentre verranno previste facilitazioni per l’ingresso in Europa ai cittadini provenienti da questi stati.

In cambio i paesi di origine e transito dovranno garantire: controlli effettivi delle frontiere e una riduzione dei flussi verso l’Europa; rimpatri da parte dei paesi di transito di chi non ha diritto all’asilo perché proveniente da una nazione sicura; la costruzione, naturalmente a spese europee, di un sistema infrastrutturale per accogliere i migranti. Nel documento vi è anche un capitoletto dedicato alla Libia in cui si sottolinea la necessità di arrivare al più presto ad un accordo sul modello turco.

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Tuttavia in Libia come nella stragrande maggioranza dei paesi africani coinvolti nel “Migration Compact” l’Europa si troverà ad avere a che fare con realtà statuali molto diverse da quella turca. Come scrive Mattia Toaldo su Limes nel suo articolo Il paziente libico è morto: “E’ possibile che assisteremo a un’esibizione europea ancora più truce di quella sfoggiata nel patto con Erdoğan. L’obiettivo politico rimane lo stesso: scaricare altrove la presunta «minaccia» rappresentata dai migranti, mettendo a disposizione fondi e chiudendo tutti e due gli occhi sulle malefatte del partner. Il tutto ovviamente riformando di fatto le convenzioni internazionali. In Libia il «sultano» non c’è e quindi la strategia prevede opzioni diverse: o al-Sarraj approva operazioni militari sulle coste, con l’estensione alla fase 3 del mandato dell’operazione europea Sophia «contro i trafficanti», oppure gli europei troveranno in alcune municipalità della costa libica tanti piccoli Erdoğan. In Libia, al contrario che in Turchia, forse non ci sarà neanche bisogno di fare finta di rispettare il diritto internazionale”.

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