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Sulle frodi aumenta la responsabilità del commercialista

Lo schema di Dlgs di riforma delle sanzioni penali e amministrative – ora all’esame delle commissioni parlamentari – prevede, in tema di frodi, all’articolo 13-bis del Dlgs 74/2000 che “Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II (tutti i reati tributari) sono aumentate della metà se il reato è commesso da correo nell’esercizio di attività di intermediazione fiscale, attraverso l’elaborazione di modelli seriali di evasione fiscale”.
Non è chiaro cosa si intenda esattamente per “correo” e per “elaborazione di modelli seriali di evasione fiscale“, soprattutto a quali fattispecie i due concetti debbano riferirsi alla luce del fatto che ormai il commercialista esegue per conto dei clienti una serie di adempimenti fiscali che, stando al tenore letterale del testo, lo esporrebbero praticamente sempre al rischio di vedersi coinvolto in una fattispecie illecita in cui magari egli non è responsabile. Proviamo a darne una interpretazione.

Secondo la giurisprudenza, il professionista può definirsi “correo” dell’evasore fiscale ogni qual volta offre un contributo effettivo alla realizzazione dell’illecito penale, quindi nessun dubbio nelle ipotesi in cui il commercialista collabori attivamente con l’evasore ponendo in essere le condotte descritte nelle fattispecie penali tributarie. Più difficile, e ahimè più frequente, il caso in cui è il contribuente a porre in essere autonomamente il reato fiscale, con o senza il parere professionale. In questo caso il commercialista potrà essere chiamato a rispondere penalmente dell’evasione se si riscontrerà che con la sua attività abbia «rafforzato» la volontà criminosa del contribuente evasore.

Anche la Cassazione, negli ultimi anni, ha rafforzato i profili di responsabilità del commercialista quasi a voler configurare, in capo a quest’ultimo, un vero e proprio obbligo di collaborazione con l’amministrazione finanziaria. Infatti nella sentenza n.19335/2015 viene sancito il principio secondo cui “Nell’ipotesi in cui il professionista si veda affidare il solo compito di redigere la dichiarazione sulla base dei documenti annotati in contabilità direttamente dal contribuente e si renda conto, al momento di predisporre la dichiarazione, che una fattura passiva si riferisce ad operazioni inesistenti, non v’è alcun dubbio che questi concorra con il cliente nel reato redigendo la dichiarazione”. Quindi, l’aggravante in questione richiede “l’elaborazione di un modello seriale di evasione fiscale”.

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La contestazione dell’aggravante in esame rende ammissibile la misura cautelare più grave della custodia cautelare in carcere anche per reati che nelle ipotesi base non la ammetterebbero come, ad esempio, nell’ipotesi di contestazione del reato di infedele dichiarazione già esaminato in un precedente articolo (link).

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