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Bad bank in Italia. La risposta Europea

La più grande sfida degli Istituti di credito, diventata sempre più difficile con l’aggravarsi della crisi, è la gestione dei crediti non performig (NPL – non performing loans) ed in particolare di quelli più critici, denominati comunemente “sofferenze”. Una delle ipotesi per la gestione ed il recupero di tali crediti è la creazione di una bad bank, ovvero di una costola dell’intermediario a cui cedere i NPL per il successivo recupero.

Tale attività comporta due effetti: il primo è quello di eliminare tutte le “tossine” dall’istituto di credito originario che potrà concentrarsi sulle proprie attività senza il peso in bilancio dei crediti a sofferenza, il secondo è quello di efficientare il processo di recupero crediti affidando lo stesso ad una società creata apposta per tale attività.

Come dichiarato al WSJ da Micheal Blaier, un componente del board della prima bad bank creata al mondo (la Grant Street National, quale spin off della Mellon Bank, ora Bank of New York Mellon), “ha senso separare asset buoni da asset tossici e lasciare una banca buona e più forte rispetto a prima della separazione. In tal modo, si consente di gestire gli affari e concentrarsi sul futuro, senza avere a che fare con le attività problematiche. La parte buona che rimane è in una posizione finanziaria più forte, quindi il suo finanziamento è più conveniente per gli investitori che ottengono così un impatto diretto sui propri guadagni. In più, va ricordato che nel contesto del prestito, i banchieri hanno sempre voluto mantenere il rapporto con il cliente. Separando, invece, le funzioni deputate al recupero crediti, si consente loro di concentrarsi sulla collection degli asset tossici senza preoccuparsi del rapporto banca-cliente in corso. Inoltre c’è anche da considerare che i debitori non hanno alcuna voglia di vedere i propri asset trasferiti ad una “bad bank” e pertanto tendono a restituire il denaro più in fretta”.

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La creazione di una bad bank italiana, o meglio di una Asset management company, per usare la formula del governatore Ignazio Visco, anche se in formalizzata decisamente tardi rispetto alla crisi che ci ha colpito dal 2008, sembra comunque un’opportunità da sfruttare, soprattutto in Italia dove risulta tecnicamente deteriorato il 17% complessivo dei crediti pari a 320 miliardi di euro (un quinto del PIL), purché lo Stato non partecipi direttamente a tale attività mediante operazioni che possano essere configurate come aiuti di stato, vietati dalla legislazione comunitaria.
All’Euromoney Italian Conference dello scorso 15 settembre, il Governatore di Banca d’Italia ha dichiarato, invero, che: “Il piano, in Italia, è rivolto alle sole banche solventi, la partecipazione sarà quindi su base volontaria. Inoltre, il passaggio dei crediti (dalla banca all’Asset Management Company, ndr) avverrà a prezzi di mercato, in modo da escludere il trasferimento di qualsiasi perdita allo stato”.

Il progetto, quindi, prevederebbe un veicolo che si finanzia sul mercato per comprare gli attivi deteriorati con proventi di bond i quali sarebbero garantiti dallo Stato in caso di perdita. La Commissione Europea, tuttavia, avrebbe da ridire su questa impostazione, sia con riferimento alle menzionate garanzie pubbliche sia sul valore di mercato (dubbio, secondo Bruxelles) dei crediti in sofferenza delle banche che sarebbero acquistati dal veicolo. L’idea della Commissione, in sostanza, è che nel momento in cui viene istituita una bad bank che darà vantaggi ad alcuni istituti di credito bisogna imporre la condizione della ristrutturazione perché si stanno utilizzando i soldi dei contribuenti. Una ristrutturazione – secondo l’impostazione di Bruxelles – a carico delle banche e non del veicolo esterno alle banche che venderanno i Non Performing Loan (Npl).

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Seppure Visco abbia sempre fornito rassicurazioni in merito al perfezionamento dell’accordo con la Commissione, tuttavia ieri è apparso sul sito del MEF un comunicato stampa nel quale è precisato: “il 1° ottobre la Commissione ha comunicato alle istituzioni italiane di prediligere un’impostazione radicalmente diversa del progetto. Come ben noto ai servizi della Commissione europea, le istituzioni italiane stanno ora lavorando sulle soluzioni prospettate da questa, per valutarne la praticabilità e l’efficacia”.

Nel prossimo futuro sicuramente trapeleranno i dettagli di questa nuova proposta che l’Italia farà all’Europa che saranno fondamentali per capire se la Commissione darà il suo via libera alla bad bank italiana o se rispedirà nuovamente la proposta al mittente perchè intravede nel piano un rischio per le finanze pubbliche.

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