BoycottGermany. Da qualche giorno, in concomitanza con la drammatica crisi economica della Grecia, sui social network (in particolare Twitter) impazza questo hashtag per invitare al boicottaggio dei prodotti tedeschi. Utenti da tutto il mondo pubblicano foto, messaggi e istruzioni contro la Germania, considerata da molti come la principale responsabile di quanto accaduto nel paese ellenico. Addirittura c’è chi indica i codici a barre che identificano i prodotti delle aziende tedesche da evitare per vendicare il popolo greco. Un clamoroso errore, visto che in realtà potrebbero provenire persino dalla…Grecia.
In Germania, tuttavia, non viene data particolare importanza a questa massiccia campagna globale. I politici minimizzano, certi che il fenomeno BoycottGermany sia destinato a sgonfiarsi, mentre i cittadini tedeschi chiedono comprensione ma non rinunciano a rispondere con ironia, come questo utente che invita a comprare i prodotti greci.
Ci sono poi i revisionisti come David Graeber, anarchico attivista e professore di antropologia americana presso la London School of Economics secondo cui tedeschi sono moralmente obbligati a ripagare i debiti contratti accumulati dal regime nazista e cancellati nel 1953.
Inevitabile, allora, che a qualcuno BoycottGermany ricordi il precedente del 1933, quando già ci fu un boicottaggio dei prodotti tedeschi come risposta all’antisemitismo della Germania nazista dopo l’ascesa di Adolf Hitler.
BoycottGermany, guerra social contro i prodotti tedeschi
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