Vai al contenuto

Cartella esattoriale nulla se priva del calcolo degli interessi

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia nella sentenza n. 4513/30/15 ribadisce quanto già affermato dalle sentenze della corte di cassazione n. 8651/2009 e n. 4516/2012 secondo cui la cartella esattoriale non può riportare la cifra globale degli interessi dovuti, deve bensì essere indicata la modalità di calcolo, specificando le singole aliquote a base delle varie annualità prese in considerazione.
L’operato dell’Ufficio, dunque, non deve risultare ricostruibile soltanto attraverso difficili indagini che non competono al contribuente perché, se così fosse, risulterebbe violato il diritto di difesa del destinatario dell’atto. Gli atti di riscossione, secondo gli ermellini, devono essere adeguatamente motivati anche per la parte concernente agli interessi, per consentire al contribuente di esercitare il diritto di difesa. La mancata indicazione del tasso applicato e dei criteri utilizzati per il calcolo degli interessi addebitati costituisce un difetto di motivazione della cartella esattoriale. Si può parlare di motivazione adeguata quando l’atto di riscossione contenga indicazioni sufficienti a consentire al contribuente l’agevole identificazione della causale delle somme pretese dall’Amministrazione finanziaria.
La controversia nasce dall’impugnazione di una cartella esattoriale riguardante il controllo automatizzato del modello Unico 2010 relativo alle imposte Irpef, Irap e Iva oltre sanzioni e interessi. In primo grado i giudici hanno respinto il ricorso del contribuente che eccepiva il mancato invio della preventiva comunicazione d’irregolarità e l’omessa indicazione dei criteri di calcolo degli interessi addebitati in cartella.
In appello invece i giudici hanno deciso a favore del contribuente in quanto la cartella non aveva fornito tutti i dati e le informazioni necessarie per consentire al destinatario la comprensione e un ricalcolo degli ammontari in essa esposti. Da questa considerazione è derivato l’accoglimento dell’appello del contribuente. La CTR richiama in proposito una pronuncia precedente, ossia la sentenza n. 42/30/13, secondo cui la carenza dell’indicazione, in modo analitico e inequivocamente dettagliato, delle aliquote applicate in relazione a ciascuna decorsa annualità o parte di essa è causa di nullità della cartella esattoriale.
La stessa Corte di Cassazione nella sentenza n. 4516 del 2012 ha chiarito che le cartelle esattoriali devono considerarsi nulle se non contengono l’indicazione della base di calcolo degli interessi, ossia omettano di indicare, in modo dettagliato, le aliquote applicate per ciascuna annualità, sicchè devono riteneresi illegittime “tutte le cartelle che riportino solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza indicare come si è arrivati a tale calcolo, non specificando le singole aliquote prese a base delle varie annualità”.
La Cassazione ha cioè esplicitamente statuito che non competono al contribuente indagini per ricostruire l’operato dell’Ufficio e per decifrare un computo degli interessi “criptico e non comprensibile”. Più recentemente la sentenza n. 8934/2014, sempre della Cassazione, ha sostenuto che “l’obbligo di una congrua, sufficiente ed intelleggibile motivazione non può essere riservata ai soli avvisi di accertamento” e che “alla cartella di pagamento devono ritenersi comunque applicabili i principi di ordine generale indicati per ogni provvedimento amministrativo”.
Nel caso in esame tali principi sono stati disattesi dall’Amministrazione Finanziaria perchè “non è stato in alcun modo esplicitato il conteggio degli interessi posti a ruolo con aliquote, periodo e tassi applicati con conseguentemente conclamata illegittimità dell’atto riscossivo”.

Vedi anche  Partite Iva in calo, colpa del Jobs Act?

Argomenti Correlati