Vai al contenuto

Doppia contribuzione, il Tribunale smentisce l’Inps

L’operazione Poseidone, per chi non lo ricorda, fu avviata dall’Inps per cercare di ottenere dai soci amministratori di società commerciali la doppia contribuzione: alla gestione separata in quanto amministratori, e alla gestione commercianti in quanto soci. Ve ne abbiamo già parlato in un articolo (leggi) del 19 novembre, ma da qualche giorno l’atavica questione si è arricchita di un nuovo, e forse decisivo, capitolo.

Negli ultimi anni l’A.N.C.L. (Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Sindacato Unitario) ha combattuto una dura battaglia contro questo principio, attivando il proprio ufficio legale su tutto il territorio nazionale per contestare, in particolare, la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi di iscrizione alla gestione commercianti. Ripercorrendo brevemente le tappe della vicenda, l’idea dell’Inps era quella di obbligare alla doppia contribuzione i soci delle aziende di servizi (non solo commerciali) che vi rivestissero anche la carica di amministratori mediante una (discutibile) interpretazione dei commi 202-208 dell’art. 1 della L. 662/1996. La sentenza della Cassazione n.3240/2010 diede chiaramente torto all’Istituto, sancendo il principio opposto dell’unicità della contribuzione, da versarsi in favore della gestione corrispondente all’attività (di socio o di amministratore) risultata prevalente. Questione conclusa? Niente affatto, perchè un intervento legislativo (L. 30 luglio 2010 n. 122) stabilì nuovamente il principio della doppia contribuzione, smentendo in modo clamoroso la Suprema Corte e prevedendo, incredibile ma vero, efficacia retroattiva.
A questo punto l’Inps, che avrebbe dovuto fare i conti solo con la disciplina specifica della gestione commercianti che richiede come requisito soggettivo necessario che quella svolta dal socio nell’impresa commerciale sia la sua attività prevalente, decise di esaminare tutte le dichiarazioni dei redditi per individuare i contribuenti che avessero dichiarato a fini fiscali tale prevalenza (sul modello UNICO c’è un’apposita casella da barrare) ritenendo che tale dichiarazione avesse carattere confessorio e non potesse quindi più essere smentita da alcuna prova. Inevitabile, seguendo questa interpretazione, che l’Istituto subito dopo abbia chiesto il pagamento di tutti i contributi pregressi, senza concedere alcuno sconto, neanche in termini di sanzioni, agli increduli contribuenti. È in questo momento che l’A.N.C.L. è scesa prepotentemente in campo, opponendo tutti gli avvisi di addebito notificati dall’Inps.
Tra le cause avviate dall’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro, il Tribunale di Forlì con sentenza n.6 del 15/01/2016 (leggi) ha dato completamente torto all’Inps stabilendo, contestualmente, alcuni importanti principi. Riportiamo di seguito qualche passaggio importante:
– “È necessario accertare che l’amministratore svolga realmente, in modo personale, abituale e prevalente, l’attività commerciale propria dell’azienda e non si limiti a svolgere le sole limitate attività connesse all’espletamento dei compiti connessi alle cariche amministrative rivestite. La prova di tutto questo è a carico dell’Inps“;
– “Privo di significato sostanziale appare il semplice rilievo che il contribuente avesse sbarrato la casella della dichiarazione fiscale, corrispondente alla dichiarazione per cui l’attività svolta per conto della società era la sua attività prevalente“;
– “Come ha recentemente affermato la Corte di Cassazione nell’ordinanza n.3145 del 2013, il presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti è che vi sia un esercizio commerciale e la gestione dello stesso, come titolare o come familiare coadiuvante o anche come socio di s.r.l., abbia come oggetto un esercizio commerciale“.

Vedi anche  Agenzia delle Entrate, l’IVA arriva sulla PEC

Sulla base di questa sentenza e delle prossime in arrivo, l’ANCL non esita a definire l’operazione Poseidone come un autentico flop, “bacchettando” il Presidente dell’Inps Tito Boeri che, recentemente, aveva sostenuto l’irrilevanza degli intermediari professionali e l’opportunità per l’Istituto di crearsi un rapporto diretto con le aziende. Con un avvertimento finale che non lascia spazio ad interpretazioni: “D’ora in poi, di ingiustizie come questa, noi dell’ANCL non ne faremo passare neanche una“.

Argomenti Correlati