Vai al contenuto

Licenziamento del lavoratore che fuma in azienda

La sentenza n. 14481, emessa dalla Cassazione il 10 luglio 2015, è destinata (come spesso accade) a far discutere molto. La Suprema Corte, infatti, ha legittimato il licenziamento per giusta causa di un lavoratore che non aveva rispettato il divieto di fumare in una zona dell’azienda con rischio di incendio. Il lavoratore, all’epoca del provvedimento, svolgeva la mansione di caporeparto e quindi, secondo i giudici della Cassazione, avrebbe dovuto essere un esempio per gli altri colleghi soprattutto in un luogo pericoloso dell’azienda.

Curiosamente, lo stesso lavoratore aveva in precedenza segnalato alla direzione di aver trovato un addetto al reparto intento a fumare nello stabilimento, e di conseguenza l’azienda aveva proceduto a contestare ed irrogare al fumatore una sanzione disciplinare. Pertanto, il datore di lavoro ha ritenuto ancora più grave il comportamento del caporeparto, a cui evidentemente non poteva non essere noto che il divieto di fumare era vigente in tutta l’azienda data la rilevata pericolosità di incendio esistente, vista la presenza di materiali infiammabili.

In primo grado il ricorso presentato dal lavoratore contro il licenziamento era stato accolto perchè il comportamento contestato, pur costituendo violazione del divieto di fumo, non aveva in concreto dato luogo ad alcun pericolo per la sicurezza degli impianti o per l’incolumità delle persone. La Cassazione, però, ha ribaltato questa linea interpretativa, ribadendo la piena consapevolezza del lavoratore circa la vigenza del divieto di fumare in tutta l’azienda con l’aggravante del suo ruolo di responsabile del reparto, che lo ha reso evidentemente un modello negativo per gli altri lavoratori.

Il fumo non solo nuoce gravemente alla salute, ma può anche costare il licenziamento.

Vedi anche  Come diventare Top Manager e il percorso di studi migliore

Argomenti Correlati