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Licenziamento del lavoratore se rifiuta il trasferimento?

La Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n.10468 del 21 maggio 2015, ha considerato legittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva rifiutato il trasferimento presso la sede distaccata dell’azienda, pur motivando tale rifiuto con il demansionamento previsto.

Il licenziamento disciplinare era stato impugnato dal socio lavoratore e il Giudice, in primo grado, aveva accolto la domanda del lavoratore.
In seguito la Corte territoriale, pur considerando i cambiamenti di mansioni già imposti al lavoratore e i successivi demansionamenti che sarebbero conseguiti, ha ritenuto invece che il lavoratore non potesse legittimamente rifiutarsi di adempiere l’obbligo di prendere servizio presso il luogo del distacco e rendere la prestazione lavorativa nei termini in cui questa gli era stata richiesta.

Anche la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore, che non poteva “legittimamente rifiutarsi di adempiere l’obbligo di prendere servizio presso il luogo del distacco e rendere la prestazione lavorativa nei termini in cui questa gli era stata richiesta, stante il potere gerarchico del datore di lavoro, la sussistenza a suo carico dell’obbligazione principale di pagamento della retribuzione e, per contro, quella principale del lavoratore di rendere la prestazione lavorativa“.

In conclusione il lavoratore, secondo le considerazioni della Cassazione, può sempre agire in giudizio per far valere il proprio diritto ma non può rifiutarsi di eseguire le prestazioni lavorative richieste dal datore di lavoro. In questi casi, quindi, il licenziamento disciplinare è legittimo.

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