Vai al contenuto

Mutuo troppo alto, giudice applica la legge sul sovraindebitamento (guida)

A fronte di un mutuo ipotecario con la banca Unicredit di 250mila euro un cittadino si è visto abbattere da un giudice di Napoli la somma a 125mila euro, pari quindi alla metà, con una dilazione per la restituzione mensile in 17 anni e otto mesi. Il giudice ha applicato la Legge 3 del 2012 sul sovraindebitamento, che tutela il cittadino «meritevole» che non si sia posto volontariamente in una situazione tale da non poter pagare i debiti.
Con il termine “sovraindebitamento” si intende “una situazione di persistente squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente” e con il termine di “consumatore” “il debitore persona fisica che ha assolto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.
La disciplina della crisi da sovraindebitamento si compone di tre istituti:
– accordo di ristrutturazione;
– piano del consumatore;
– procedura di liquidazione dei beni.

Il presupposto soggettivo di questi istituti è che il destinatario della procedura può essere soltanto il debitore persona fisica ovvero coloro che, in caso di crisi/insolvenza, non sarebbero assoggettabili al fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese.
Pertanto i soggetti interessati dalla crisi da sovraindebitamento sono:
– gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, sia in forma individuale sia in forma societaria, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, negli ultimi tre esercizi o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, negli ultimi tre esercizi o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila;
– gli imprenditori agricoli;
– le associazioni professionali;
– le start-up innovative.

Vedi anche  Licenziamento a luci rosse, interviene la Cassazione

I presupposti oggettivi sono:
– possibilità di proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti (o un piano del consumatore);
– avvalersi dell’ausilio dell’ Organismo di composizione della crisi (OCC) competente per territorio;
– prevedere il regolare pagamento dei crediti non pignorabili (prorogabile anche di un anno a determinate condizioni);
– prevedere l’integrale pagamento dei crediti privilegiati con la necessità che sia realizzabile in caso di liquidazione;
– non includere la falcidia dei tributi Comunitari e delle ritenute operate e non versate, essendo concessa al massimo la dilazione;
– suddividere i creditori in classi, indicare garanzie, modalità di liquidazione e affidamento del patrimonio ad un fiduciario per la liquidazione, custodia e distribuzione del ricavato.

Con l’accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti (artt. 10 – 12 Legge 27 gennaio 2012, n. 3) il Giudice, verificato il rispetto dei presupposti soggettivi ed oggettivi e delle condizioni di ammissibilità sopra descritti, fissa con decreto l’udienza in una data non superiore a 60 giorni a decorrere dalla data di deposito della proposta disponendone idonea pubblicità. Nella proposta di accordo si deve indicare l’elenco di tutti i creditori e relative somme dovute, elenco dei beni e eventuali atti di disposizioni effettuati negli ultimi 5 anni, e le ultime 3 dichiarazione dei redditi, l’attestazione sulla fattibilità del piano e l’elenco delle spese per il sostentamento del debitore e della sua famiglia.Se si svolge attività di impresa, il debitore deve indicare anche le scritture contabili degli ultimi 3 anni allegando una dichiarazione che ne certifichi la conformità all’originale.
Caratteristica principale di questa procedura è il mantenimento dell’integrità del residuo patrimonio del debitore che chiede l’ammissione a questa procedura.
L’accordo si raggiunge con il consenso della maggioranza qualificata (60%) dei creditori (valevole anche qui con il principio del “silenzio-assenso”) con esclusione dei privilegiati (salvo che rinuncino al privilegio), dei parenti e affini sino al quarto grado e dei cessionari o aggiudicatari dei loro crediti (da meno di un anno prima della proposta).
La procedura si chiude con l’intervento del Giudice che, a seguito di esito positivo della verifica di alcuni presupposti meramente formali, omologa l’accordo e ne dispone l’immediata pubblicazione.
A seguito di omologa, l’accordo è vincolante nei confronti di tutti i creditori, anteriori al momento della pubblicità del decreto che ne fissa l’udienza (art. 10, co. 1, Legge 27 gennaio 2012, n. 3) e sancisce l’inefficacia degli atti di disposizione che vengono presi in difformità dell’accordo stesso.

Vedi anche  Scadenze fiscali: un marzo infinito per gli intermediari

Con il Piano del consumatore (artt. 12-bis e 12-ter L. 27 gennaio 2012, n.3) il legislatore ha previsto un procedimento di omologazione che, a seguito di esito positivo della verifica da parte del giudice dei requisiti soggettivi e oggettivi della proposta nonché del necessario controllo dell’assenza di atti in frode ai creditori, deve avvenire entro sei mesi dalla data di presentazione della proposta stessa.
Il piano del consumatore non ha bisogno dell’accordo tra i creditori, perché è il Giudice a decidere anche se la proposta deve essere comunque superiore rispetto a quanto i creditori potrebbero ottenere attraverso la liquidazione del patrimonio.

Con la liquidazione dei beni (art. 14-quater, L. 27 gennaio 2012, n. 3) quale soluzione alternativa ad accordo e piano, spetta alla figura del soggetto liquidatore, quale gestore della procedura nominato dal Tribunale competente, l’accertamento del passivo e la liquidazione dell’attivo, oltre al compito di amministrare tutti i beni che compongono il patrimonio di liquidazione.
Il liquidatore ha l’obbligo di elaborare entro trenta giorni dall’assunzione dell’incarico, un programma di liquidazione, da comunicare al debitore, ai creditori e da depositare presso la cancelleria del Giudice per poi procedere alla vendita dei beni tramite procedure competitive.
La procedura si chiude con il decreto del Giudice che, una volta accertata la completa esecuzione del programma di liquidazione e, comunque, non prima del decorso del termine di quattro anni dal deposito della domanda, dispone la chiusura della procedura.

Argomenti Correlati