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Professionisti: nel mirino operazioni con intento elusivo o non inerenti

Restano sempre numerose le contestazioni che l’Agenzia delle Entrate rivolge ai professionisti su particolari operazioni con un presunto intento elusivo. Uno dei temi caldi riguarda l’inerenza dei canoni di locazione degli immobili strumentali pagati a società costituite dagli stessi professionisti con i propri familiari e l’elusività delle relative operazioni.

Il caso più frequente è quello di un professionista che costituisce con la moglie una società, la quale acquista un immobile e lo concede in locazione allo stesso professionista ad uso studio. L’ufficio aveva contestato la deduzione dei canoni corrisposti in via anticipata, richiamando i principi della «necessaria certezza, inerenza e congruità delle spese». Secondo l’Agenzia l’operazione «aveva connotati di evidente antieconomicità, risultando priva di valida ragione logica ed anzi funzionale, stante la mancanza di contrapposizione di interessi economici tra locatore e conduttore, … ad ottenere un vantaggio per il professionista che aveva potuto ridurre il carico fiscale».

La Corte di Cassazione nella sentenza 22579/2012 ha condiviso tale impostazione, sancendo l’impossibilità per il professionista di dedurre “a suo piacimento… oneri che appaiono incoerenti rispetto allo strumento negoziale utilizzato per avere a disposizione un bene strumentali…e di condizionare a suo piacimento i risultati delle dichiarazioni dei redditi in relazione a scelte individuali che, pur in astratto ammissibili, devono comunque sottostare alle regole di inerenza anche temporale che l’ufficio ha il compito di verificare”.

Evidente è però la confusione che si opera tra il principio di cassa e quello dell’inerenza. In una pronuncia più recente (sentenza n.3198/2015) invece la corte ha subordinato la deducibilità del costo all’esistenza di un nesso di causalità tra i componenti negativi e l’attività produttiva di reddito imponibile, non rilevando il fatto che il contratto sia stipulato con una società “correlata” al professionista.

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Un altro caso al vaglio dell’attività di controllo degli uffici finanziari riguarda il manifesto intento elusivo di una operazione posta in essere con una società “riconducibile” allo stesso professionista. Il caso è quello di uno studio acquisito in leasing da una società di cui il professionista è socio con altri familiari, la quale lo concede a sua volta in affitto al professionista. In tale è stato reso inefficace l’intento di “accollare” alla società i canoni di locazione finanziaria che non sarebbero stati, invece, deducibili per il lavoratore autonomo, richiamando i principi dell’abuso del diritto, dell’interposizione fittizia e della simulazione è stato dato rilievo alla mancanza – da parte della “società familiare” – di attività diverse dalla locazione dell’immobile ed al fatto che l’importo del canone di leasing era uguale a quello di locazione.

In attesa dell’approvazione del decreto sulla certezza del diritto saranno ancora monitorate tali operazioni anche se rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’attività professionale.
Si spera successivamente che i soggetti diversi da quello accertato potranno chiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono stati disconosciuti.

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