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Voluntary disclosure: scadenza 30 settembre ma con proroga?

Si sente tanto parlare di Voluntary Disclosure ma come sempre accade ci si pone veramente il problema a pochi giorni dalle scadenze. Il rientro dei capitali detenuti illegalmente all’estero dagli italiani inizialmente ha finalmente preso piede dopo che lo scorso 5 agosto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo che ha messo nero su bianco i diritti di chi aderirà alla procedura del Voluntary Disclosure dando quindi finalmente delle certezze ai contribuenti.

Il Voluntary disclosure è infatti la procedura che consente ai cittadini italiani che detengono illegalmente all’estero beni di sanare la propria posizione nei confronti del Fisco italiano. Così come detto con l’attuazione del decreto legislativo finalmente sono state messi in chiaro i punti fondamentali e come riportato sul sito del Corriere della Sera alcuni dei professionisti che si occupano di rientro di capitali affermano che ci sarà un incremento delle domande (oltre 100 mila domande) e che questa procedura sarà un successo. Andrea Tavecchio, managing partner dello studio Tavecchio & Associati, afferma che “Il mondo va verso lo scambio di informazioni fiscali e la trasparenza: chi mal consigliato non opta per l’adesione alla Voluntary, oltre a perdere un trattamento di favore sulle sanzioni anche penali, lascia un problema non banale ai propri eredi”. Sempre dalle pagine del Corriere Stefano Simontacchi, managing partner dello studio BonelliErede, afferma “L’adesione alla Voluntary Disclosure ora è favorita dal decreto legislativo sulla certezza del diritto, che contiene la norma sul raddoppio dei termini che è arrivata con ritardo e che entrerà in vigore il 2 settembre. Il decreto ha fatto chiarezza sugli anni di applicazione e sulla sanabilità dei reati”.

Ma chi aderisce alla procedura del Voluntary disclosure a cosa va incontro? Il vantaggio è soprattutto da un punto di vista penale. Infatti chi aderirà conserverà la sua fedina penale pulita anche in presenza di reati comparabili a ricettazione e frode fiscale (con pene che di solito si aggirano intorno ai dieci anni). Di contro però il rientro dei capitali all’estero obbliga a pagare le imposte sui redditi non dichiarati ma non con un’imposta forfettaria (come avviene per lo scudo fiscale) ma con la tassazione prevista dallo Stato Italiano, più gli interessi di mora e le sanzioni anche se scontate. La tassazione da applicare differisce sui periodi a seconda che si tratti di paesi non black-list o di paesi che hanno siglati accordi con l’Italia (Svizzera e Principato di Monaco) oppure si tratti di paesi della “lista nera”. Nel primo caso si farà riferimento agli ultimi 5 anni mentre nel secondo a 10 anni.

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I beni che potranno essere oggetto del Voluntary disclosure sono: soldi, partecipazioni in società, immobili, opere d’arte e metalli preziosi. Bankitalia ipotizza un patrimonio illegale detenuto all’estero di circa 220 miliardi che potrebbero generare per il fisco italiano un gettito tra i 5 e i 20 miliardi di euro.

Con il decreto entrato in vigore il 2 settembre il tempo è veramente poco, la scadenza, per la presentazione delle domande del Volutnary disclosure, è prevista infatti per il 30 settembre e vista l’impennata di domande successive al decreto il sentore è che il governo possa concedere una proroga fino a fine anno. L’augurio è che la proroga sia decisa in tempi brevi e non come spesso accade a pochi giorni se non lo stesso giorno della scadenza.

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