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Licenziamento a luci rosse, interviene la Cassazione

Un caso curioso, che avrà strappato più di qualche sorriso ai soggetti non coinvolti ma, certamente, non al diretto interessato. Stiamo parlando del licenziamento disciplinare inflitto ad un operaio della Fiat di Termini Imerese che secondo l’azienda, nel 2008, era stato “pizzicato” a visionare filmati “di chiaro contenuto pornografico” sul posto di lavoro. Per la precisione, all’interno del suo armadietto erano stati ritrovati 3 dvd porno ed un elenco di 14 fogli spillati con titoli di film e relativa descrizione.

In seguito all’inevitabile ricorso del lavoratore, il caso era poi approdato dinanzi al Tribunale di Termini Imerese che, nel 2010, dichiarava illegittimo e annullava il licenziamento, condannando contestualmente la Fiat a reintegrare il lavoratore e a corrispondergli una indennità pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione, oltre ad interessi, rivalutazione e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Dopo il solito iter giudiziario a colpi di ricorsi e controricorsi, la disputa è approdata in Cassazione. La Suprema Corte, con sentenza n.20728 del 14/10/2015, ha sancito in modo netto ed inequivocabile l’illegittimità del licenziamento. Pur riconoscendo e censurando il comportamento dell’operaio, la Cassazione ha evidenziato come il CCNL di settore prevedesse per la condotta contestata solo una sanzione conservativa, in assenza della prova certa che il fatto contestato fosse avvenuto nell’orario di lavoro (come affermato dall’azienda) e non nella pausa mensa, come affermato dal dipendente. Che così ha salvato, per il rotto della cuffia, il proprio posto di lavoro.

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