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App Economy: un fenomeno in piena crescita

Il recente annuncio di Apple sull’apertura a Napoli del primo centro di sviluppo di applicazioni per il sistema operativo di Cupertino in Europa, ha portato in primo piano le opportunità di crescita della App Economy nel nostro Paese e nel Vecchio continente.
Sarà una sorta di “università delle app”, in grado di preparare migliaia di futuri sviluppatori e lavorare con partner nazionali. Si andrà oltre anche in Europa ma per ora si parte dall’Italia.

In Italia sono aumentati rapidamente i posti di lavoro legati all’App Economy, ossia l’economia legata al mondo delle applicazioni esplosa con il lancio dell’iPhone nel 2007, seguito dall’apertura dell’App Store nel 2008. Il settore delle applicazioni per smartphone e tablet dà attualmente lavoro a oltre 97mila persone in Italia, mentre gli acquisti dai negozi di app valgono 300 milioni di euro.
Le applicazioni sono nate negli Usa dove ora si contano 1,66 milioni di persone che lavorano con le app, per poi espandersi in Europa: nei 28 Paesi Ue più Norvegia e Svizzera il settore dà lavoro a 1,64 milioni di cittadini. A dirlo è il Progressive Policy Institute, secondo cui il lancio dell’iPhone e l’apertura dell’App Store, hanno dato vita a “una forza economica quasi senza precedenti”.

Apple, pioniera della rivoluzione relativa alla App Economy con il lancio dell’App Store nel 2008, dove oggi sono disponibili 1,5 milioni di programmi, parla di 1,2 milioni di posti in Europa di lavoro direttamente riconducibili ad applicazioni per il sistema operativo iOS. Seppure è l’ecosistema Apple a tirare la volata, le app Android risultano essere fondamentali in quanto quel sistema operativo è montato sull’80% dei dispositivi in tutto il mondo. Altri ecosistemi come Blackberry e Windows hanno invece generato fra i 105 e i 150mila posti di lavoro.

Vedi anche  Glassdoor: Airbnb il miglior posto di lavoro del 2016 in USA

“L’apertura di una realtà simile apre grandi opportunità, specialmente per i freelance – racconta a Repubblica Roberto Macina, classe 1984, fondatore di Qurami, un’applicazione per eliminare la fila alla posta, all’università o all’ufficio pubblico – il mondo del software italiano è molto forte nei linguaggi di programmazione back-end, da Php a Python, ma debole nel cosiddetto front-end, cioè nei linguaggi dedicati all’interazione con l’utente come sono quelli di Apple. Anche nelle grandi aziende, molte delle quali sono nostre clienti, vediamo questa carenza: sono realtà vergini per il mobile”. Quindici di quei 97mila impiegati italiani sono per esempio dipendenti di Qurami, ospitata al Luiss Enlabs, il grande acceleratore per startup alla stazione Termini: “Siamo partiti nel 2011 – aggiunge Macina – oggi siamo in 15, tutti assunti con contratto a tempo indeterminato. E per il 2016 abbiamo in cantiere altre quattro risorse da unire alla squadra, una delle quali proprio per uno sviluppatore front-end. In questo senso, devo dirlo, il Jobs Act ci ha aiutato moltissimo”.

Se il boom della App Economy offre l’opportunità soprattutto ai giovani, guardando ai grandi numeri il settore è però in mano a una sorta di monopolio. Nel 2015 le app più scaricate nel mondo sono Whatsapp, Facebook, Messenger e Instagram. Lo certificano gli analisti di App Annie, che confermano un trend ormai consolidato: Android è nettamente in testa per numero di app scaricate, ma Apple resta di gran lunga la regina dei ricavi. 

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