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Il Comune di Arezzo “si astiene da decisioni” sul gioco: vuole evitare ricorsi al Tar

In fondo potrebbe essere una sorta di “giusta politica” quella che potrebbero assumere taluni Comuni relativamente a qualsiasi delibera nei confronti del gioco e dei casino con bonus migliori: aspettare il “prodotto” dell’accordo che uscirà dalla Conferenza Unificata. E questo per non emettere Regolamenti o norme che possano andare a cozzare contro le normative nazionali che farebbero immediatamente intraprendere altri ricorsi ai vari Tar della zona di competenza visto che questi “benedetti Giudici” sono già oberati dal settore ludico, dalle sue norme attuali e dalle varie interpretazioni.
Si potrebbe dire, quindi, che il Primo Cittadino del Comune di Arezzo si sta comportando in modo razionale laddove “aspetta a normare” relativamente al fenomeno del gioco problematico, che pur su quel territorio è presente e suscita qualche preoccupazione. Sopratutto, sembra che le più rilevanti decisioni sul gioco in quella città attengano le “distanze” che là verranno calcolate in modo ancora più minuzioso (anche in vista del “distanziometro nazionale” di 150 metri) e qualora non vengano rispettate, solo allora si procederà alla sospensione della licenza dell’attività.

Fatte queste brevissime premesse, si deve sottolineare che se anche la città di Arezzo presta molta attenzione nei confronti del fenomeno del gioco, intende aspettare un Regolamento Regionale, per poi uniformarsi ed adottarlo in pieno cercando di evitare inutile dispendio di danaro e di tempo come è successo a tanti comuni limitrofi che si sono trovati a fronteggiare impugnazioni diverse al Tar con il conseguente annullamento dei propri singoli Regolamenti.

Le precisazioni da parte dell’Assessore alle Politiche sociali del Comune di Arezzo sono la conseguenza di un intervento di un consigliere Pd che ha puntato il dito contro l’Amministrazione relativamente all’apertura di una sala slot ad Arezzo, sala che, a suo dire, per le dimensioni “assomiglia più ad un Casinò” che ad una sala giochi. Questa struttura si trova non lontano da una scuola, da un centro di aggregazione sociale, una futura struttura ospedaliera e non ha rispettato le distanze.

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Queste sono le motivazioni dell’insorgere del consigliere Pd Caporali che imputa al Comune di Arezzo di “dire” di volersi impegnare nella lotta contro il gioco d’azzardo, ma in pratica di “non fare nulla” per evitarlo e circoscriverlo. Di conseguenza, dall’Amministrazione Comunale il consigliere si aspetta un intervento del Comune al fine di “riconsiderare le autorizzazioni o concessioni in possesso dei titolari” di questa attività ludica.

Nello scorso mese di aprile lo stesso partito politico aveva richiesto al Comune di “uniformarsi” al regolamento sul gioco proposto da Anci Toscana, che già vige e statuisce norme e disposizioni in diverse città toscane in attesa della modifica della vigente normativa Regionale. Altre città si sono già attivate inviandolo agli Uffici Tecnici per le opportune verifiche, prima tra tutte la città di Siena: il testo è già stato “approvato” a Terranuova Bracciolini, Scandicci e Montevarchi, località in provincia di Arezzo, Firenze e Prato. Arezzo, città di proporzioni maggiori relativamente a quelle indicate, ancora non si “vuole” uniformare per la motivazione indicata nelle prime righe di questo articolo ed ha, in ogni caso, il sacrosanto diritto di farlo e di decidere per il meglio per il suo territorio.

A sostegno del “pensiero” di Arezzo bisogna segnalare che Firenze è anch’essa priva di una normativa sul gioco dopo la bocciatura da parte del Tar del precedente Regolamento sul gioco per la mancata tutela dell’iniziativa economica degli operatori del gioco: chi avrà “ragione” o chi avrà “torto” solo i posteri lo potranno sapere.

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