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Dall’Italia alla Cina: 4,5 miliardi sottratti al fisco

Da un’indagine avviata nel 2008 della Gdf di Firenze è partita un’inchiesta per riciclaggio per il trasferimento illecito dal 2007 al 2010 di oltre 4 miliardi di euro dall’Italia alla Cina, attraverso le agenzie di money transfer di Firenze e Prato.

Nel 2008, il Nucleo tributario delle Fiamme Gialle di Firenze aveva notato che un piccolo operatore di money transfer, la Money2Money (M2M) di Bologna, movimentava un ingente flusso di denaro nell’area fiorentina.

Attraverso l’incrocio dei dati di Bankitalia risultavano «transitati» milioni di euro ma senza alcuna traccia dei clienti perché i passaggi di denaro venivano spezzettati dalle agenzie della società bolognese M2M. Bank of China diventava poi il collettore finale che trasferiva i soldi nel paese orientale. Qui veniva utilizzato per acquistare merci a basso costo da importare e rivendere in Italia.

In particolare, tra il 2007 e il 2010 i funzionari indagati avrebbero permesso alla Money2Money di inviare denaro in Cina occultandone sia la reale provenienza che la destinazione, consentendo, a fronte di ingenti commissioni, il frazionamento dei trasferimenti tramite milioni di micro-operazioni, di importi al di sotto delle soglie di antiriciclaggio per evitare che scattassero le segnalazioni. Secondo gli inquirenti, il flusso di denaro è il presunto provento di reati come contraffazione, contrabbando, furto, appropriazione indebita, reati doganali, prostituzione, gioco d’azzardo, oltre che di “nero”. I pm hanno contestato anche il reato di associazione mafiosa e di trasferimento fraudolento di valori all’estero.

Il maxi-riciclaggio avrebbe rafforzato la capacità economica delle organizzazioni mafiose cinesi di Prato e Firenze dedite all’immigrazione clandestina dalla Cina. Inoltre, la Guardia di Finanza ha rilevato un’evasione fiscale da 45 milioni di euro e promosso un’ottantina di misure di prevenzione con sequestro di immobili ad alcuni degli indagati per un totale, finora, di 5,5 milioni di euro. Insomma un flusso di denaro che basterebbe per abolire Imu e Tasi.

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Al vertice delle operazioni sembrerebbe esserci una nota famiglia cinese, in quanto le indagini hanno rilevato che con la loro presenza il fatturato della M2M salì fino a 85 milioni nel 2006 a oltre 400 nel 2007. Ma soprattutto è stata portata alla luce un’enorme evasione fiscale, dove, un imprenditore cinese dichiarava 17 mila euro e spediva in Cina 1,89 milioni, quello sconosciuto al fisco che inviava sempre in Cina oltre 800 mila euro. Ci sono evasioni di Iva, diritti doganali, imposte sul reddito e contributi previdenziali.

Dai dati rilevati, dalla sede milanese della Bank of China, sarebbero transitati 2,199 miliardi diretti verso Pechino senza che nessuna segnalazione di attività anomala fosse presentata alle autorità italiane e, a quanto emerge dalla documentazione degli investigatori, l’istituto, uno dei più grandi del colosso asiatico, avrebbe incassato l’equivalente di 758mila euro in commissioni sui trasferimenti.

Tra le 297 richieste di rinvio a giudizio, tra persone fisiche e società, 24 devono ora rispondere di associazione a delinquere aggravata dalla finalità mafiosa poiché sono stati ravvisati intimidazione, vincolo omertoso e assoggettamento tra i membri.

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