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La reversibilità si trasforma in prestazione assistenziale: scardinato un diritto

I contributi versati da ogni cittadino per poter dare a sé e al proprio coniuge, nel caso di reversibilità, un’esistenza dignitosa vengono trasformati: da natura previdenziale volgono a natura assistenziale.
Questo è quanto prevede un disegno di legge – approdato alla Commissione lavoro della Camera – il cui intento viene definito essere il riordino delle prestazioni di natura assistenziale e previdenziale in uno strumento unico di contrasto alla povertà con misure legate al reddito e al patrimonio, o almeno così si vuol far apparire e vediamo perchè.

Nel ddl la misura che suscita maggiore scalpore è quella elaborata sulle pensioni di reversibilità, quelle pensioni erogate agli eredi alla morte del pensionato o del lavoratore che ha maturato i requisiti per l’assegno. L’idea è quella di agganciare il diritto all’accesso alla reversibilità all’Isee, per il quale come sappiamo conta il reddito familiare e non quello individuale.

Questo, insieme alla trasformazione in misura assistenziale e non più previdenziale, non potrà che ridurre notevolmente la platea degli aventi diritto, perché come sappiamo bastano dei risparmi in banca o la convivenza con altri famigliari produttori di reddito (che convivono al fine di prestare semplice assistenza, anziché abbandonare i loro cari in un “focolare”) che si innalzerebbe l’indice Isee, rischiando di far sfumare il diritto all’assegno. Per assurdo potrebbe essere sufficiente un’abitazione per alzare il livello di Isee tanto da far rinunciare a quello che prima di questo ddl era un diritto maturato grazie ai contributi versati per anni dai lavoratori/pensionati.

Insomma il diritto dei cittadini a vedere ripagati gli anni di lavoro e dei relativi versamenti si potrebbe trasformare nel diritto a mettere mano direttamente alle tasche dei cittadini, qualoro gli indici applicati non escludino quelle fattispecie patrimoniali che potrebbero contribuire notevolmente a non garantire un accesso egalitario alle prestazioni e contribuire maggiormente all’aumento della povertà.

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Non può che essere superfluo far notare come la clausola esplicita inserita nella delega dell’esecutivo, secondo la quale qualsiasi intervento di razionalizzazione varrà solo sulle prestazioni future e non su quelle in essere, sia un aggravante della misura che sottrae al cittadino le risorse per ingrassare invece il “maiale”.

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