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Operazioni con l’estero, le movimentazioni bancarie al vaglio del fisco

Oggi scade uno dei tanti adempimenti imposti dall’amministrazione finanziaria per alimentare le 128 banche dati a disposizione per il contrasto all’evasione e all’economia sommersa. I dati sui trasferimenti da e verso l’estero, oltre i 15 mila euro fatti nel 2014 dai correntisti, italiani e non, attraverso bonifici e altre operazioni relative ai crediti documentari risultanti dall’archivio unico informatico tenuto ai fini dell’antiriciclaggio, saranno comunicati al fisco per consentire il prosieguo di quella che è ormai la strategia più efficace per contrastare l’evasione fiscale e l’economia sommersa.

La conferma arriva dal «Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell’evasione fiscale» allegato alla nota di aggiornamento del Def 2015, approvata venerdì in Consiglio dei ministri in cui si afferma che questa nuova strategia di contrasto ha garantito un recupero record di 14,2 miliardi di euro nel 2014, di cui 11,7 miliardi di tributi erariali, prevedendo nel 2015 un ulteriore aumento di 2,3 miliardi di euro. L’aumento delle entrate erariali è stato possibile grazie all’azione di compliance ed al rafforzamento della fase del controllo nei confronti dei contribuenti meno collaborativi ritenuti maggiormente a rischio. A ciò si devono aggiungere gli effetti delle misure una tantum che consentono ai contribuenti di sanare alcuni comportamenti poco trasparenti del passato. Parliamo della voluntary disclosure, a cui vengono ascritte entrate pari a 671 milioni nel 2015 (e poi 18 nel 2016). Si tratta in sostanza dei risultati già “prenotati” dal decreto Milleprororoghe per evitare l’aumento delle accise sulla benzina dal 1° gennaio scorso.

In quest’ottica si inserisce l’intervista del direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi che, dalle pagine Corriere della Sera, definisce “incoscienti” coloro i quali non aderiranno alla misura straordinaria per il rientro dei capitali dall’estero, (visto che ormai sono 47 i paesi che hanno adottato schemi di emersione dei capitali detenuti all’estero e accordi internazionali per lo scambio di informazioni), confidando in un maggiore utilizzo della disclosure italiana, che il legislatore ha affiancato a quella internazionale. “Quando infatti si fanno emergere capitali nascosti all’estero”, afferma, “la prima domanda che il Fisco si fa è: come sono stati costituiti questi capitali? mica li hai sempre vinti alla lotteria. Spesso alla base c’è un’evasione compiuta in Italia attraverso un altro soggetto”.
“È importante quindi che il contribuente si convinca che ormai, con l’incrocio dei dati, noi troviamo le incongruenze”.

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