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Psicosi carne rossa, a rischio 180mila posti di lavoro

Partiamo dalla notizia del giorno: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nello specifico l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), ha dichiarato che consumare salumi, insaccati e ogni genere di carne lavorata, tra cui la carne rossa trattata, può provocare il cancro (leggi il rapporto completo). È inevitabile che, dopo un’affermazione del genere, si sia innescato un acceso dibattito su scala mondiale che coinvolge non solo i consumatori di carne rossa ma anche i produttori che, comprensibilmente, vedono in forte pericolo la propria attività.

Non è la prima volta che il settore viene duramente colpito, basti ricordare gli effetti devastanti provocati in passato dalla mucca pazza e dall’influenza aviaria. Ma, a differenza delle altre circostanze, questa volta tutto nasce dallo studio realizzato da un organismo molto autorevole a livello internazionale, con conseguenze ancora difficilmente quantificabili a livello economico. L’inevitabile psicosi ha portato, secondo Assomacellai, ad un crollo istantaneo del 20% circa dei consumi di carne rossa. Confesercenti, invece, prova a ridimensionare la portata del fenomeno, sostenendo che nel giro di un paio di settimane la situazione tornerà alla normalità. L’allarme più grave, tuttavia, arriva da Coldiretti: secondo la principale organizzazione degli imprenditori agricoli, “i falsi allarmi lanciati sulla carne rossa mettono a rischio 180mila posti di lavoro in un settore chiave del Made in Italy a tavola, che vale da solo 32 miliardi di euro, un quinto dell’intero agroalimentare tricolore“. A denunciarlo è il presidente Roberto Moncalvo, sottolineando che lo studio dell’OMS sul consumo della carne rossa “sta creando una campagna allarmistica immotivata per quanto riguarda il nostro Paese, soprattutto se si considera che la qualità della carne italiana, dalla stalla allo scaffale, è diversa e migliore e che i cibi sotto accusa come hot dog e bacon non fanno parte della tradizione nostrana. Nel nostro Paese i modelli di consumo della carne si collocano perfettamente all’interno della dieta mediterranea che, fondata su una alimentazione basata su prodotti locali, stagionali, freschi, è il segreto alla base dei primati di longevità degli italiani, con 84,6 anni in media per le donne e 79,8 anni per gli uomini“.
Le carni Made in Italy sono – continua la Coldiretti – “più sane, magre e non trattate con ormoni, a differenza di quelle americane, e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione Doc che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali. E per gli stessi salumi si segue una prassi di lavorazione di tipo naturale a base di sale. Non a caso il nostro Paese vanta il primato a livello europeo per numero di prodotti a base di carne “Doc”, ben 40 specialità di salumi che hanno ottenuto la denominazione d’origine o l’indicazione geografica“.

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Insomma, indipendentemente dalla questione meramente alimentare che ha infiammato l’atavica diatriba tra carnivori e vegetariani, il rapporto pubblicato dall’IARC rischia di provocare un duro contraccolpo economico e sul piano dell’occupazione. Per avere dati più obiettivi e meno “emotivi” da valutare sulla reazione dei consumatori bisognerà attendere almeno un mese, in attesa di ulteriori chiarimenti da parte dell’OMS e di probabili interventi a livello politico.

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